domenica 6 maggio 2007

Donne, la pensione a doppio taglio


Non può essere un tabù, l'età della pensione per le donne. Ma bisogna essere realistici: si prendono cura di bambini, anziani, malati, va loro riconosciuto, o comunque va loro fornita un'alternativa se gli si chiede di lavorare di più. Questo è il succo di alcuni ragionamenti, sull'ipotesi di alzare l'età delle donne fino a superare i 60 anni. Lo scrive oggi sulla Stampa Chiara Saraceno, sociologa e studiosa della condizione delle donne.
Mi ha fatto particolarmente riflettere un suo ragionamento: "L'allungamento della speranza di vita non riguarda solo il fatto che si può lavorare più a lungo, ma anche il fatto che è più probabile che lavoratori in età matura si trovino a fronteggiare le domande di cura della popolazione più anziana". Io stessa, favorevole a una misura di giustizia e di uguaglianza, come l'innalzamento dell'età per le donne che vivono di più, mi sono dovuta fermare a riflettere su questo: l'allungamento della vita media significa anche anziani che vivono di più e che, inevitabilmente, si ammalano di più e hanno sempre più bisogno di assistenza. Non bisogna dimenticarlo.
L'altra faccia della medaglia quindi è garantire migliori servizi alle famiglie (il che spesso significa alle donne): "Occorre investire - aggiunge la Saraceno - tutto o una parte sostanziosa di quanto viene risparmiato alzando l'età pensionistica delle donne in servizi di cura sia dei più piccoli che delle persone in condizione di salute fragile e di non autosufficienza". E' giusto quindi che la parità sia a doppia faccia e che tutta la società se ne faccia carico.

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